“Mentre nel 2003 lavoravamo a “Jesus, du weisst” (“Gesù, tu sai”) un film imperniato sull’intimità con Dio, abbiamo scoperto che in Austria (e sicuramente anche in Germania ed in altri Paesi) esistono migliaia di statue cosiddette “Madonne pellegrine”.

Vengono portate di casa in casa da fedeli cattolici, soprattutto donne. I fedeli credono che la visita della Madonna porti guarigione fisica e psichica. Già questa tradizione in sé è uno splendido spunto per un film, ed inoltre le visite nella case permettono di sviluppare tante microstorie all’interno del tema principale. È una struttura narrativa che ho preso ad utilizzare dal mio primo film per il cinema, “Good news”. 

Ulrich Seidl, nato nel ’52, viennese, tra i registi preferiti da Werner Herzog, è al secondo capitolo della sua trilogia sulla fede.

“Paradise: Faith” è una pellicola (in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia), infatti, che si interroga sul significato della croce. Anna Maria, una donna di cinquant’anni, trascorre le vacanze dedicandole alle missioni religiose, al volontariato, ai pellegrinaggi di preghiera alla Madonna.

Un giorno suo marito, un egiziano paraplegico, torna a casa. Dopo anni di lunga assenza, Anna Maria non sa come reagire. D’istinto ripercorre le varie fasi del matrimonio, raccontando del bisogno d’amore e dei conflitti interni ad una relazione matrimoniale.

“Fin dall’inizio Maria sapeva che sarebbe stato molto difficile per lei interiorizzare e fare sua questa figura religiosa. Proprio perché è cresciuta in una famiglia molto religiosa questa religiosità estrema le ha creato anche dei problemi psicologici”, commenta il regista.

“Ci siamo comperati una statua di una Madonna pellegrina, che in questo caso doveva essere una “Madonna Rosa Mystica”, e poi abbiamo iniziato a girare di casa in casa, di porta in porta. Abbiamo semplicemente bussato e cercato di fare ciò che avevamo visto e imparato nel corso delle nostre ricerche con le “vere” Madonne pellegrine. Abbiamo pregato con questa gente, abbiamo fatto loro domande e abbiamo cercato di convincerli degli effetti benefici di questa credenza.

La corporeità ha sempre un ruolo fondamentale nei miei film. Amo molto fare riprese ravvicinatissime, mostrare la fisicità delle persone senza abbellimenti. È proprio in questo, nell’assolutà autenticità, che secondo me risiede la vera bellezza.

Ogni film di questa trilogia è un film a sé stante. Non bisogna aver visto il primo per vedere il secondo o il terzo. Se però si dà allo spettatore la possibilità di vedere tutti e tre i film insieme, e nella sequenza prevista, si rivelerà alla sua mente un nuovo cosmo, più potente, che permetterà di andare molto più profondi di quello tratteggiato dai singoli film. Le emozioni saranno più forti, si creeranno dei collegamenti trasversali, e si rifletterà in modo diverso sul rapporto con l’amore, la sessualità e il corpo delle tre donne protagoniste”.

Valentina Giordano
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