Odyssey di Bob Wilson torna dopo circa due anni allo Strehler, dove resterà a lungo in cartellone. Lo spettacolo dell’acclamato regista americano, coprodotto dal Piccolo Teatro e dal Teatro Nazionale di Grecia, è atteso a numerose repliche tra Milano e Atene in un momento carico di tensioni e aspettative sulle sorti del Mediterraneo, alla luce della difficile situazione economica della Grecia e delle interminabili tragedie dei migranti alla disperata ricerca di una nuova Itaca. Il confronto con il racconto omerico apre dunque a nuove letture, mostrando ancora una volta l’inesauribilità dei classici.

Wilson filtra Omero attraverso l’adattamento di Simon Armitage, che ha riformulato i 24 libri dell’Odissea, traendone 24 scene, con un prologo e un epilogo. La scelta del greco moderno per i dialoghi è un ulteriore motivo di collegamento tra la classicità e il mondo di oggi. Gli episodi, dal convegno degli dèi al ritorno dell’eroe nella sua Itaca, si susseguono in modo fluido, quasi senza stacchi, accompagnati dalle musiche di Thodoris Oikonomou, eseguite dal vivo dallo stesso compositore. 

Lo spazio scenico, che si espande e si contrae davanti agli occhi dello spettatore, è delimitato da pareti bianche e uno sfondo illuminato da una luce dalle molteplici variazioni di blu. È il blu del mare e del cielo della Grecia, ricorda Wilson, “una luce incredibile” e suggestiva, che contraddistingue l’intero spettacolo, facendone quasi un’installazione luministica di arte contemporanea.

La messa in scena è all’insegna della leggerezza, venata di ironia e punteggiata di numerosi momenti esilaranti. I personaggi talvolta si muovono come marionette al ritmo di un carillon, altre volte su un motivo swing; gli dèi hanno pose e atteggiamenti che ricordano molto da vicino il cartoon giapponese Pollon; i compagni di Ulisse sono abbigliati di bianco, costumi a metà strada tra Arancia meccanica e quelli di astronauti. E a ben guardare i riferimenti cinematografici sono molti, a partire dai motivi del pianoforte, molto prossimi a quelli dei film muti, fino ai fermo-immagine sui personaggi in controscena.

Un’Odissea diversa, meno “epica” e più “romance”, che stupisce e diverte il pubblico nelle sue nuove vesti pop.