Una società in cui il potere di pochi è riuscito ad annientare le coscienze di troppi. Un mondo in cui non esistono più i ricordi e il libero arbitrio. Un inquietante, gigantesco occhio che tutto vede e registra, puntualmente, ogni sospetto di eversione. Uomini che distruggono i libri e le parole, trasformando tutto in un gigantesco buco nero della coscienza collettiva.  

 

Ispirandosi, in parte, al romanzo di George Orwell, 1984, Francesco Giuffrè porta in scena all’Argot Studio di Roma una storia tragica e inquietante: “La favola di W.S. 1984”.

Il protagonista,  Winston Smith, lavora al Ministero della Verità, il luogo in cui la realtà storica viene costantemente e scrupolosamente mistificata. Ma Winston non è come tutti gli altri. Lui “ricorda” una realtà diversa da quella raccontata dal Partito e ha il coraggio e l’incoscienza di accogliere l’amore segreto di Giulia, una sua collega, anch’essa segretamente ribelle, che gli regalerà pochi, ma preziosi momenti di vita autentica. Sullo sfondo, una guerra, protratta all’infinito e ad arte. E la massa informe dei poveri, dei reietti, di cui il Partito non si cura molto, limitandosi a tenerli in uno stato di perenne e drammatica povertà, affinchè non abbiano la forza di ribellarsi.

Come sempre Giuffrè ci meraviglia e ci incanta con una regia piena di creatività, originalità e al tempo stesso con la sua meticolosa attenzione al dettaglio. I colori freddi scelti per le luci e i costumi. Il clima ansiogeno. La presenza inquietante del grande occhio artificiale. Le maschere che l’arroganza del potere plasma sul volto delle sue vittime per annientarne le personalità, i desideri, le coscienze. Un politico potente ma vestito da pagliaccio che esalta la folla e come un burattinaio manovra i destini dei singoli. Eccellenti gli interpreti   – Giovanni Carta, Massimiliano Mecca, Camillo Grassi, Marta Nuti – che ci regalano una rappresentazione intensa, struggente e importante.

Una denuncia al nichilismo coatto a cui troppe volte, nella storia, il potere ha costretto interi popoli.

Un inno alla  libertà di pensiero, al valore della memoria e alla ribellione come strumento e dovere di riscatto della propria dignità umana e intellettuale. Non perdetelo.  

Fino al 20 maggio.

Gloria Bondi

 

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