Il “Quadro Nero” ovvero “La Vucciria, Il grande silenzio palermitano” è la nuova opera per musica e film di Roberto Andò e Marco Betta in scena dal 25 al 27 settembre 2015 al CRT – Teatro dell’Arte di Milano.
Lo spettacolo ha debuttato al Teatro Massimo di Palermo con l’accompagnamento musicale dell’Orchestra del teatro stesso.

A Milano viene presentato in “forma installativa”: gli spettatori assistono alla costruzione di un tableau vivant, all’interno di una cornice, che sembra a tutti gli effetti quella di un quadro. L’opera di Andò, infatti, dà vita alla celebre tela di Renato Guttuso “La Vucciria”, attraverso la tecnica dello slow motion. A partire da un fondo nero, lentamente, si compone una quinta del mercato palermitano, che via via viene popolato da varie figure, quali il pescivendolo, il macellaio, il fruttivendolo e i vari avventori.

“Mi piace il fatto che [La Vucciria] ci regali un’immagine della vita e dell’abbondanza, e che non nasconda quanto sia faticoso mantenere la promessa che vi è contenuta, una promessa di prosperità, preludio a ogni serio progetto di prosperità”, così l’autore commenta il quadro di Guttuso, da cui prende le mosse.
All’interno della video-opera, il momento cruciale è l’incontro tra i due personaggi centrali della tela: l’uomo con la maglia gialla (interpretato da Francesco Scianna) e la giovane donna di spalle. Dal punto di vista narrativo questo passaggio viene reinterpretato da Andrea Camilleri, che ne fa la base del suo racconto “La ripetizione”.
Il prologo dello spettacolo è affidato alla voce stessa di Camilleri, che preannuncia una visione di ricchezza di forme e colori, voci e odori che cede pian piano al disfacimento.
L’affresco mette in scena, infatti, traboccanti banchetti di frutta, pesce e formaggi. Ma la stessa opulenza, in realtà, cela il declino e la decadenza di un’intera città.
Il finale, dagli accenti sinistri e spettrali, mostra le carni strappate di Palermo, attraverso una chiara allegoria ferina che evoca il senso di profonda nostalgia per un’età dell’oro che non c’è più.

Valentina Giordano e Luigi Metropoli

 

Valentina Giordano
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