Una bicicletta che corre per una strada della Brianza in una notte di inverno. Un povero cristo che ha lavorato fino a tardi e torna a casa stanco. Un Suv che lo investe, si ferma per un istante e poi scappa via. Inizia così “Il capitale umano” di Paolo Virzì, liberamente tratto da un thriller di Stephen Amidon, ambientato però nel Conneticut. Inizia così il viaggio nel cuore nero di un’Italia tanto vicina a noi, ma che fa male vedere rappresentata a tutto schermo. Il ritratto di un’umanità che ci ferisce e suscita in noi la vergogna di un brutto segreto di famiglia finalmente svelato.

Due famiglie vicine e lontane al tempo stesso vedono la propria quotidianità sconvolta da una serie di eventi. Ma Virzì sceglie di raccontarli non attenendosi ad un filo temporale lineare e univoco, ma seguendo alcuni dei principali personaggi, tornando indietro ogni volta e ricominciando da capo, per vedere come cambia la storia se raccontata con la voce di un altro.

Un esperimento riuscitissimo che dà vita ad un’opera avvincente, magistrale. Straordinario il cast. Su tutti svetta Fabrizio Bentivoglio con il suo Dino Ossola, un uomo mediocre, avido, irritante che non esita a giocarsi tutto per rincorrere una ricchezza facile. Il suo contraltare è il Giovanni Bergamaschi di Fabrizio Gifuni, arrogante, ambizioso, aggressivo, abituato ad usare gli altri per salire sempre di più e a calpestarne passioni e sentimenti senza alcuno scrupolo.  

Accanto a loro compagne forse non del tutto consapevoli della meschinità dei loro uomini, Valeria Golino è una sensibile psicologa, Valeria Bruni Tedeschi una moglie altolocata, trattata come un grazioso soprammobile, ma in fondo alla ricerca di un senso nella sua famiglia e nei suoi affetti. A lei Virzì affida la battuta che mette un sigillo a tutto il film: “Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e avete vinto”. Dove la rovina non è solo quella finanziaria e materiale, ma soprattutto la distruzione dei valori, dei sentimenti, della pietas, della capacità di compassione. La protervia di un mondo in cui tutto è denaro, tutto si vende e si acquista, persino le vite degli altri, i loro affetti, il loro futuro. Il capitale umano, appunto.

E poi ci sono i giovani, interpretati da Giovanni Anzaldo, Guglielmo Pinelli e Matilde Gioli, fragili e furenti, che con la loro rabbia sembrano quasi voler lottare, difendere ancora i loro sogni contro la meschinità del mondo dei grandi che sta per fagocitarli.

Il finale è amaro. Vincono gli arroganti, gli strafottenti, quelli senza scrupoli. Paga il più fragile e il più puro. Ma in questo buco nero una luce di speranza c’è ed è affidata alle donne. Le uniche che sembrano ancora in grado di conservare  la capacità di credere in un sogno. Quello di una maternità insperata per Roberta, un vecchio teatro da riportare in vita per Carla, un amore difficile, ma profondamente sincero per la giovane Serena.

Dieci e lode.

Gloria Bondi
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