Una donna spezzata che da quindici anni vive sola con i suoi fantasmi. La guerra, un amore sbagliato, un tradimento infame, una vendetta tragica e definitiva. In scena c’è solo lei, ossessivamente aggrappata ad un dolore antico. Un tragico sodalizio da celebrare ogni giorno attraverso il racconto e la scrittura, scavando nei dettagli, in ogni singolo momento di quei giorni. Dalla novella di Camillo Boito, “Senso”, già ispiratrice dello splendido film di Luchino Visconti, Gianni Guardigli trae un monologo teatrale intenso, doloroso e coinvolgente, in scena al Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma per la regia di Francesco Branchetti e l’interpretazione di Isabella Giannone.   

 

La contessa Serpieri è stata ed è ancora una donna assai bella. Ha deciso giovanissima di sposare un uomo ricco e molto più vecchio di lei e ha stabilito che l’Amore era un fatto assolutamente privo di interesse. Ma poi è stata travolta suo malgrado da una passione proibita, quella per un tenente altoatesino in forza alla Wehrmacht. Quell’amore, vissuto clandestinamente, cancella tutto il resto: la guerra, gli orrori, le violenze, la sofferenza di una città, Roma, che strenuamente resiste al nemico difendendosi e aspettando. Un Amore che va oltre tutto, persino alla meschineria con cui lui le chiede continuamente denaro, imponendole di derubare il marito, vendere i gioielli. Poi il tradimento, scoperto per caso, e l’immediata vendetta: la denuncia del proposito di diserzione, fatta attraverso una lettera d’amore con la quale il tenentino, inconsapevolmente, ha firmato anche la sua condanna a morte. <<La mia “lettura” – spiega Branchetti – intende “centrare” la messinscena su tre temi portanti: il difficile, ambiguo, pericoloso rapporto tra status sociale e passione, la solitudine dell’ “atto compiuto” del “fatto”, infine l’impotenza dell’uomo, all’interno del conflittuoso rapporto tra bene e male, nei confronti delle passioni “eccessive” , forse “sbagliate” e quindi l’impotenza nei confronti dell’inevitabile, tragico, terribile, viaggio di perdizione, vuoto e disperazione  che spesso ne consegue. La mia messinscena  intende indagare  le potentissime tortuosità  dell’anima, la forza talvolta distruttrice della passione estrema, l’annientamento fisico, morale, psicologico, la solitudine che scaturisce dall’ “atto” compiuto, dal “fatto” incancellabile ed incontrollabile, nelle sue “conseguenze”. Intendo inoltre porre al centro, perno di tutto ciò che accade,  il desiderio di passione insito   nell’uomo, le “forze” che lo circondano, lo circuiscono e lo spingono in un balletto straziante, terribile, di pulsioni, di paure, di ambizioni, di inganni, di folle gelosia; la parabola dell’ alienazione   più “vera” ; la “passione” talmente forte che talvolta sconfina nella follia e  ci trascina nella solitudine più straziante, talvolta nel disfacimento morale e fisico. L’ imprevedibilità della passione , l’incalcolabilità delle conseguenze, gli strazi e il baratro in cui finisce una coscienza colpevole saranno al centro di un allestimento, che farà della discesa agli inferi della protagonista   l’asse portante>>. Isabella Giannone, nel ruolo della contessa Serpieri, ci offre una interpretazione generosissima e intensa, dolorosa in senso assoluto, muovendosi all’interno di una struttura registica solida e convincente che dà anche un senso visivo al suo dramma attraverso atmosfere e giochi di luci di sapore caravaggesco. Una particolare menzione per le musiche originali di Pino Cangialosi  e per le scene di Cristiano Paliotto che  rappresentano il mondo interiore della contessa anche attraverso  quelle figure maschili – tutte deludenti e a loro modo infime – che la hanno circondata: il tenentino, l’avvocatino Gino, pretendente eternamente respinto, e il marito, che domina la scena oscuro e immenso. Un bell’esempio di teatro per riflettere su temi di rilevanza assoluta come l’Amore, il dolore, il tradimento, la vendetta e per incontrare una figura di donna immensa nella sua tragedia e nell’ostinazione della sofferenza e del ricordo. In scena il 29 e il 30 maggio.

Gloria Bondi

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