Sesella è una “ragazza” di quarant’anni. Oggi nessuno troverebbe strano accostare l’appellativo “ragazza” a una quarantenne. Questo per dire quanto sia cambiato il concetto di donna quarantenne dal 1933, anno del testo scritto da Titina e Peppino De Filippo, Quaranta…ma non li dimostra, e riproposto in questi giorni dal degno erede Luigi De Filippo al teatro Parioli.

 

Nella commedia con finale malinconico dei De Filippo, infatti, la protagonista è la figlia maggiore di don Pasquale, Sesella appunto, che, dopo la morte della madre, si è praticamente sostituita a lei, sacrificando la sua gioventù per servire con umiltà le tre sorelle agli antipodi: tanto lei è dimessa, umile,  precocemente senile, tanto le sorelle sono esuberanti, alla moda, vistose.

In questa vita piatta e senza sussulti ecco che si apre, per un malinteso, una possibilità inaspettata: un giovane giornalista,  amico di un cognato, tocca le corde del cuore dell’attempata signorina, all’insaputa di questi. Equivoco che si genera in un surreale dialogo tra il giornalista stesso e don Pasquale il quale, travolto dall’amore filiale, intende diversamente e combina una festa di fidanzamento che si rivelerà beffarda.

Pur seguendo i toni della commedia, con elementi e caratteri tipici dei testi di Peppino, la virata finale è malinconica, come detto, accostando la figura di Sesella a quelle vite femminili strozzate che una volta erano così frequenti nella vita (le zie nubili) e nella letteratura (Felicité di Flaubert, o la Gasperina di Pirandello in “Ma non è una cosa seria” che però ha un esito diverso).

Lo spettacolo ha un nome che è garanzia di qualità e di un teatro di alta fattura: Luigi De Filippo, interprete di don Pasquale e regista. Nonostante gli anni giganteggia con umiltà sulla scena da grande artista qual è. Sesella è interpretata da Stefania Ventura, mentre il gagà Bebè è interpretato da Giorgio Pinto. Gli altri interpreti sono Claudia Balsamo, Francesca Ciardiello, Fabiana Russo, Vincenzo De Luca, Riccardo Feola, Stefania Aluzzi, Matteo Paolo Pietrantonio. 

Piergiorgio Mori
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