Non si è completamente fregati finché si ha una buona storia da raccontare“. E così Tim Tooney,  trombettista, inizia  a raccontare la “sua” storia. Anzi, la storia di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, pianista, il più grande. Nato, cresciuto e vissuto sul transatlantico Virginian. E mai sceso a terra. Nemmeno quando, dopo molti anni, dopo la guerra, il Virginian verrà imbottito di dinamite e fatto affondare. “Novecento” di Alessandro Baricco è un monologo teatrale di grande bellezza. Una favola struggente che dopo oltre quindici anni dalla prima messa in scena e un film di grande successo ancora non smette di meravigliare per la poesia del linguaggio, l’originalità della storia, l’umanità dei personaggi.

A portarlo in scena è oggi Corrado D’Elia, al Teatro Belli di Roma. D’Elia, che è stato appena insignito del Premio della Critica 2010, è un regista e interprete di grande talento che, negli anni passati, ha già incantato il pubblico romano con interpretazioni di altissimo livello (indimenticato il suo Cyrano, così come il Caligola di Camus).  Oggi, solo in scena, con alle spalle alcuni giganteschi tasti di un immaginario pianoforte, ci racconta la storia tenerissima e surreale di Novecento, ma anche di un mondo che non esiste più. Un mondo fatto di transatlantici che solcavano l’oceano portando con sé un universo dei sogni. I sogni dei ricchi e i sogni dei poveri che durante il viaggio rubavano le tende di bordo per farsi il vestito buono. Un mondo fatto di musica e di musicisti che “suonavamo perché l’Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio. E suonavamo il regtime, perché è la musica su cui Dio balla quando nessuno lo vede. Su cui Dio ballava se solo era negro”. Un mondo  nel quale un pianista geniale può sfidare persino Jelly Roll Morton, l’inventore del Jazz, e rimandarlo a casa sconfitto con uno sbuffo di cenere sulla scarpa. D’Elia sa regalarci tutto questo, traducendo quello che lo stesso Baricco ha definito “un racconto da leggere ad alta voce”, in un sogno che commuove  e incanta. E lo fa con misura e leggerezza, senza cedere alle lusinghe dei facili istrionismi, senza mai eccedere, senza mai superare il limite. Dalla prima all’ultima battuta. Fino all’indimenticabile finale con il quale il pianista sull’Oceano si accomiata e che racchiude tutta la sua vita, la sua poesia, la sua storia. “La terra è una nave troppo grande. E’ un viaggio troppo lungo. E’ una donna troppo bella. E’ un profumo troppo forte. E’ una musica che non so suonare. Perdonatemi, ma io non scenderò. Lasciatemi tornare indietro”. Da non perdere, fino al 30 maggio.

 

Gloria Bondi
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