Una compagnia teatrale decide di mettere in scena La bottega del Caffè di Carlo Goldoni. Cinque attori per nove ruoli, alle prese con i costi e gli oneri di una produzione: le prove (non pagate), la scenografia, i costumi (realizzati con molta fantasia), le grane della burocrazia, le pratiche Enpals, la SIAE. Ma quando sono in scena ecco mettersi in movimento l’irrefrenabile, colorata giostra goldoniana. E proprio nel contrasto tra la fatica della realizzazione e la brillante leggerezza della messa in scena si cela il loro segreto. Né guadagno, né profitto, né sete di gloria. Come affermava Strehler,  fare teatro vuol dire soprattutto compiere infiniti atti d’amore.

Ha debuttato ieri al Teatro Libero di Milano La bottega del caffè per la regia di Claudia Negrin e Michele Bottini, reduci dal successo di Parlami d’amore. Con questo lavoro i due registi tornano a giocare con i grandi autori, rispettando i testi e i caratteri, ma al tempo stesso non rinunciando a  raccontare anche il dietro le quinte, spesso faticoso e sofferto, in una vera operazione di meta-teatro.

E in questo modo ci inducono a prendere coscienza, senza rinunciare alla gioiosa ilarità della piéce goldoniana. Une piéce che racchiude comunque a sua volta numerosi spunti di riflessione su come la maldicenza, anche quando frutto di semplice leggerezza, possa condizionare i giudizi e le relazioni umane.

“Questa Commedia – scriveva lo stesso Goldoni – ha caratteri tanto universali, che in ogni luogo ove fu ella rappresentata, credevasi fatta sul conio degli originali riconosciuti. Il Maldicente fra gli altri trovò il suo prototipo da per tutto, e mi convenne soffrir talora, benché innocente, la taccia d’averlo maliziosamente copiato. No certamente, non son capace di farlo. I miei caratteri sono umani, sono verisimili, e forse veri, ma io li traggo dalla turba universale degli uomini, e vuole il caso che alcuno in essi si riconosca. Quando ciò accade, non è mia colpa che il carattere tristo a quel vizioso somigli; ma colpa è del vizioso, che dal carattere ch’io dipingo, trovasi per sua sventura attaccato”.

Cinque attori eccezionali e straordinariamente affiatati si avvicendano nei diversi ruoli trascinando il pubblico nella maratona di battute e colpi di scena che caratterizza il teatro di Goldoni. Michele Bottini, Monica Faggiani, Claudio Gherardi, Anna Di Maio e Andrea Tibaldi divertono e si divertono con ironia, ritmo e mestiere. Da vedere. Fino al 29 febbraio.

Gloria Bondi
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