Al teatro Strehler, dal 7 al 31 gennaio 2010, è in scena ” Il mercante di Venezia”  di William Shakespeare, diretto da Luca Ronconi, che narra le vicissitudini del mercante veneziano Antonio, in debito con l’usuraio ebreo Shylock, di una libbra di carne umana, crudele risarcimento per un prestito in denaro non restituito in tempo.

Il regista filtra il testo shakespeariano attraverso la propria vena grottesca, partendo in primis, dalla scelta di un insolito sipario, una saracinesca in ferro, che divide volutamente lo spettatore dal palco, duramente, impedendogli all’inizio di entrare in confidenza con la scena e poi, con un’imponente chiusura finale, di continuare a sognare, trasmettendo un profondo senso dell’ignoto.

Vi è in ciò un intento di contemporaneità, legato alla questione tra ebrei e cristiani, uno dei temi che stanno alla base della commedia, che sembra ancora dover durare ad oltranza.

La magia della scena si tramuta in presagio, che affonda le radici nel retroterra culturale e storico che dovrà venire. Si percepisce a tratti la presenza di una riflessione sulla storia, sul tempo, sulla morte.

Con la costruzione di un palco che viene prolungato, oltre lo spazio scenico, Ronconi tenta di valicare il confine della solita rappresentazione, che si avvicina e coinvolge lo spettatore.

Il tutto è mosso da un’imponente macchina dagli ingranaggi ben evidenti: enormi bilance sovrastano i personaggi, diventando parti integranti dell’architettura di scena, indice di un’ideologia del possesso, del denaro. Il regista punta il dito sulla società e sulla sua logica, sulla mercificazione dell’uomo, sulla riduzione del corpo a cosa. .

La concezione della messa in scena è quasi cinematografica e si avvale di elementi scenografici che cambiano posizione, dando l’idea, allo spettatore, di una continua variazione dell’inquadratura.

L’intento sembra essere quello di voler trasmettere un’indeterminatezza geometrica. E lo spazio, che talvolta si tramuta in un ventre oscuro, appare come qualcosa di inconoscibile e come qualcosa di cui i personaggi non riescono ad appropriarsi appieno.

Con potenza innovativa, Ronconi fa emergere un altro “Il mercante di Venezia”, dalla rappresentazione mai stilizzata, mai capricciosa, ma pulita, asciutta e lineare.

Propone e costruisce scene che sembrano piccoli quadri medioevali (come la graduale spoliazione del re e la cessione di tutti i suoi regali averi, per conquistare l’amabile Porzia).

I personaggi non sono nettamente divisi tra prevaricatori e prevaricati, ma sono accomunati da

una sottomissione a meccanismi mentali personali, che li inducono ad agire per se stessi fino alla paradossalità, in un crescendo di situazioni sempre più contraddittorie e tragicomiche, non risolvendo le questioni emerse con lucida maturità, che prevede l’accettazione del punto di vista l’uno dell’altro.

Shylock è una figura atroce e crudele, che chiede insistentemente la sua macabra ricompensa.

Bassanio, l’amico scialacquatore ed innamorato, che spinge Antonio a far da garante per il nefasto accordo con l’usuraio, è un personaggio privo di metamorfosi e non muta mai nelle sue reazioni.

Graziano, Lorenzo, la figlia di Shylock (che compongono un vasto e non sempre equilibrato cast)  si presentano come prototipi, sempre uguali a se stessi.

Le uniche che mutano, e che si avvalgono di uno slancio verso un possibile ripristino dell’equilibrio, sono la splendida Porzia e la compagna Nerissa, che dimostrano, con intelligenza pratica e con astuzia, di evolversi.

Il regista scava, dunque, prevalentemente nell’irriducibilità della propria identità, nel non poter essere diversi da se stessi. Mostra come l’io sia “un’entità tanto segreta e arcana che sovente non si mostra neppure a noi stessi”.

I personaggi, infatti, sembrano sempre più brancolare nel buio con dolore, in preda ai loro conflitti.

La luce di A.J. Weissbard riesce a restituire al palco la stessa patina del sogno. Illumina l’irriducibile consistenza della materia, ma riesce anche a smaterializzare, a far emergere le parti dell’animo umano rimaste in piena oscurità.

I costumi di Ursula Patzak vestono perfettamente i personaggi nella loro caratterizzazione.

Tutti gli elementi si fondono a creare un universo, dove Ronconi rilegge Shakespeare, tentando di avvertire i contemporanei affinchè non diventino ciechi e accettino come ineluttabile il divenire dei fatti e della storia.

Chapeau a Fausto Russo Alesi, che fa rivivere uno Shylock che non si era mai visto.

 

Di Valentina Giordano e Marco Lamera.


Di William Shakespeare; Regia Luca Ronconi; Con Giorgio Ginex, Riccardo Bini, Ivan Alovisio, Sergio Leone, Andrea Luini, Gianluigi Fogacci, Francesco Colella, Fausto Russo Alesi, Silvia Pernarella, Gabriele Falsetta, Elena Ghiaurov, Raffaele Esposito, Giovanni Crippa, Bruna Rossi, Andrea Germani, Ettore Colombo; Luci: A. J. Weissbard; Costumista: Ursula Patzak.

 

Teatro Strehler, via Rovello, 2, Milano (MI). Tel. 848.800.304.

Valentina Giordano
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